LA CANONICA DELLA CONVERSIONE
La canonica di Chiuso, dove oggi è visitabile il museo del Beato Serafino Morazzone, è inserita a pieno titolo nei luoghi manzoniani di Lecco. Qui si svolge il drammatico incontro tra l'Innominato, disceso disperato dal suo castello dove tiene prigioniera Lucia, e il cardinale Federigo Borromeo, in visita pastorale alla piccola parrocchia di Chiuso (cap. XXIII dei "Promessi Sposi").
Nei "Promessi Sposi" non troviamo più il nome del paese di Chiuso, che era invece indicato chiaramente nella prima stesura del romanzo, il "Fermo e Lucia", dove troviamo anche un bellissimo ritratto di don Serafino, definito da Manzoni il "buon curato di Chiuso".
Nella sala principale del museo si può ammirare un affresco di Casimiro Radice del 1867 che rappresenta la scena della conversione dell'Innominato, proprio nella canonica dove sarebbe avvenuta.
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Perchè Manzoni ambienta proprio qui l'episodio della conversione dell'Innominato?
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Alessandro Manzoni conosce fin da bambino don Serafino: il padre, Pietro Manzoni, è priore della confraternita del Ss.Sacramento di Chiuso (in museo è visibile la riproduzione di un documento originale, conservato nell'archivio parrocchiale, firmato da lui) e quasi certamente il figlio lo avrà accompagnato più volte nelle sue visite in paese.
Tra le carte di Manzoni, è stata trovata una lettera, di cui si può leggere in museo una riproduzione, inviata da don Serafino allo scrittore, in cui chiedeva, in considerazione della loro amicizia, di condonare il debito a un pover'uomo che si era rivolto al curato di Chiuso, in quanto ben nota era nei dintorni l'amicizia tra i due.
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Nel settembre 1822, pochi mesi dopo la morte di don Serafino, Manzoni stava scrivendo proprio il terzo tomo del "Fermo e Lucia" e avrebbe quindi deciso, sull'onda della commozione e dell'ammirazione, di rendere omaggio al "buon curato" inserendone un ritratto nel suo romanzo e ambientando nella sua canonica la famosissima scena della conversione, rappresentazione della misericordia di Dio.
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Perchè nei Promessi Sposi non c'è più traccia dei riferimenti a Chiuso e a don Serafino?
Nelle edizioni successive del romanzo, nel 1827 e nel 1840, rivendendo la stesura, Manzoni toglie il ritratto di don Serafino e ambienta la scena in una canonica non meglio identificata, senza soffermarsi sulla descrizione del parroco. La figura di don Serafino, contemporaneo dello scrittore, sarebbe stata anacronistica in un romanzo ambientato nel '600 e sarebbe risultata sovrapponibile al ritratto agiografico del cardinale Borromeo che viene fatto nel capitolo precedente la conversione.
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